COMPOSING NATURE 2022: CONCERTO FINALE

1 settembre 2022 – ore 18.00

 

Centro Congressi Lavarone – fraz. Gionghi 107, Lavarone (TN)

Giovedì 1 settembre 2022
Composing Nature
Concerto finale della masterclass di composizione per percussioni

In collaborazione con Conservatorio “C. Pollini” Padova, APT Alpe Cimbra e Comune di Lavarone

Art percussion ensemble
percussioni: Andrea Zamengo, Alessandro Cozza, Igor Tiozzo, Alberto Radossi, Pietro Squarzon
direttore: Massimo Pastore
tutor: Giovanni Bonato, Stefano Bellon

Centro Congressi di Lavarone
Fraz. Gionghi, 107  – Lavarone (TN)
ore 18.00

Ingresso libero fino ad esaurimento posti

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Programma

Antonino Abate, Cor infermo. Concertino for marimba and vibraphone
Daniele Di Virgilio, Undesired Ritual
Dario Michelon, Aria
Zygmund De Somogyi, The refractions we used to know
Molly Frances Arnuk, East Coast Rain
Giordano De Nisi, Ritual
Jeremy Rosenstock, 20 stones, after Bergson
Yui Ka Zheng, Kau Nga Ling

Tutti i brani sono in prima esecuzione assoluta.

Con il concerto del prossimo giovedì 1 settembre alle ore 18.00 al Centro Congressi di Lavarone si conclude la seconda edizione del progetto «Composing Nature», un corso estivo di composizione musicale aperto a studenti e studentesse di tutto il mondo, tra i pochi ad essere dedicato esclusivamente agli strumenti a percussioni. Nel corso della serata l’Art Percussion Ensemble diretto da Massimo Pastore presenterà i brani musicali che i partecipanti al corso, guidati da Giovanni Bonato e Stefano Bellon, hanno composto ispirandosi al territorio dell’Alpe Cimbra e ai suoi meravigliosi ambienti naturali.

«Composing Nature» è un progetto realizzato dall’associazione padovana Taverna Maderna, dedita alla sperimentazione di nuovi linguaggi musicali, in collaborazione con il Conservatorio di Musica “C. Pollini” di Padova, il Comune di Lavarone e l’APT Alpe Cimbra. In questa seconda edizione il progetto ha visto una buona adesione da parte di compositori e compositrici provenienti dall’Italia e soprattutto dall’estero, ciascuno dei quali ha preparato il progetto di un brano musicale da concludere a Lavarone nella settimana precedente il concerto. 

Ai corsisti è stata offerta la possibilità di trarre ispirazione dagli elementi del territorio, ricco di materiali come il legno, la pietra e l’acqua e di contesti acustici particolari come il bosco, la valle, il paesaggio abitato dalle sue diverse specie animali. Durante il corso gli studenti di composizione sono stati invitati a conoscere il territorio tramite passeggiate ed ­­escursioni, ed è stata data loro facoltà di confrontarsi con i maestri Giovanni Bonato, Massimo Pastore e Stefano Bellon del Conservatorio di Padova, e di interagire con l’ensemble in residence.

Il risultato è un concerto vario ed appassionante in cui diversi stili musicali personali convivono con la volontà comune di esplorare il territorio e di rendere omaggio, in musica, al suo fascino unico e alla varietà dei suoi ambienti sonori.

Giovanni Bonato è nato a Schio nel 1961 e ha studiato con Fabio Vacchi e Adriano Guarnieri diplomandosi poi al Conservatorio “G. Verdi” di Milano sotto la guida di Giacomo Manzoni. E’ autore di numerosi brani di musica cameristica, corale e sinfonica con i quali si è distinto sia in campo nazionale sia in quello internazionale. Ha ricevuto diversi riconoscimenti in premi e concorsi internazionali di prestigio (“A.Casella”, “G. d’Arezzo”, Città di Trieste, “G. Contilli”, I.C.O.N.S., 2 Agosto, Rhein-Ruhr, “G. Petrassi”, 50th Tokyo Met. Go., Wiener Int. Kw., Schiedmayer Preis, “F. Evangelisti”, “Uuno Klami” Competition, Prix “Reine Marie José”, Premio “Reina Sofia”, Premio “F. Siciliani”, Premio “K. Szymanowski”   per citarne alcuni). I suoi lavori sono stati eseguiti da interpreti di fama internazionale come: Quartetto Arditti, Kazushi Ono, A. Tamayo, G. Neuhold, Ex Novo Ensemble, H. Starreveld, D. Callegari, M. Brunello, F.M. Bressan, Athestis Chorus, D. Nordio, S. Tasca, L. Slatkin, Neue Vocalsolisten Stuttgart, F. Erle, Duo Alterno, Estonian National Male Choir, A. Soots, J. Nikkola, E. Ericson, World Youth Choir, F. Sjöberg, Ensemble Vocal Séquence, L. Gay, Coro e Orchestra dell’Acc. N. di S. Cecilia, M. Buchberger, L. Segerstam, Tower Voices New Zealand, Kymi Sinfonietta, Y. Shinozaki, Coenobium Vocale, J. Berger, D. Zaltron, S. Kuret, Vokalna Ak. Ljubljana, J. L. Temes, Coro e Orchestra della RTVE, M. Pastore, F. Gamba, E. Bronzi, St. Jacob’s Chamber Choir, G. Graden, Tone Tomšic. Designato quale “compositore in residence” dall’Orchestra di Padova e del Veneto (dir. art. M. Brunello) per la Stagione Concertistica 2002-2003,  e “compositore ospite” ad Asiagofestival 2011, le sue composizioni sono trasmesse dalle maggiori emittenti radiofoniche europee e sono state pubblicate da molte delle più importanti case editrici musicali: Ricordi, Rugginenti, Agenda, Salabert, A Coeur Joie, Edition Ferrimontana, Ed. Fondazione G. d’Arezzo, Suvini-Zerboni, Ed. Feniarco, Astrum, V. Nickel Musikverlag, Helbling Verlag.  Spesso figura quale membro di giuria in importanti premi internazionali, nonché invitato in prestigiosi festival. Ha iniziato la sua attività di docente nel 1987 al Conservatorio “J. Tomadini” di Udine; dal 1992 è insegnante di Armonia Contrappunto Fuga e Composizione al Conservatorio “C. Pollini” di Padova.

Compositore padovano, Stefano Bellon si diploma sotto la guida di Wolfango Dalla Vecchia. Perfezionatosi con Franco Donatoni ottiene il Diploma dell’Accademia Nazionale di S.Cecilia e il Diploma d’Onore dell’Accademia Chigiana. Fre-quenta inoltre i corsi di Giacomo Manzoni e Salvatore Sciarrino. Dal 1980 al 1989 compone anche musiche per la produzione radio-televisiva, collaborando come arrangiatore, con alcuni tra i maggiori jazzisti italiani. Fondamentale nella sua carriera è la collaborazione sistematica con Atlas Ensemble, grande orchestra da camera che riunisce i migliori solisti delle tradizioni orientali attorno al Niuew Ensemble, storico complesso olandese. Ha pubblicato saggi sulla musica di Bruno Maderna e insegna presso il Conservatorio di Padova. Tra le opere recenti si segnalano: “Vocativo”, per voce maschile e orchestra da camera, “Paul Mc Car-teny Commentaries”, per grande orchestra, “One thread”, per complesso da ca-mera, “Il miglior fabbro”, per gayageum, “Alfabeto Deserto”, per flauto corno in-glese e orchestra, “Sillabari”, per recitante, orchestra di jazz e live electronics. La Biennale Musica (2008) gli ha commissionato “En roscas de crystal serpiente breve”, concerto per violino e orchestra da camera. Esecuzioni delle sue opere hanno avuto luogo anche presso le istituzioni seguenti: Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Agon, Biennale di Venezia, Gaudeamus Festival, Holland Festival, Lumen Contemporary Music Festival of Boston, Massachusetts Institute of Technology, Mozarteum, N.P.S. Radio, O.R.T.F., Piccolo Teatro di Milano, Radio France, RAI, Concertgebow, Settimana Musicale Senese, St. Petersburg Contemporary Music Festival, Teatro La Fenice di Venezia., Festival della Musica Contemporanea di Seoul, Conservatorio di Pechino.

Multi-strumentista nel campo delle percussioni, Massimo Pastore si è diplomato con il massimo dei voti e lode al Conservatorio di musica di Ferrara; in seguito si è perfezionato all’Accademia dello Jutland in Danimarca con Gert Mortensen e Einar Nielsen e, tra gli altri, con David Searcy, timpanista del Teatro “La Scala” di Milano. Dal 1986 svolge una qualificata attività concertistica con formazioni di musica da camera e orchestre lirico – sinfoniche (vanta anche collaborazioni con l’Orchestra Reale di Danimarca e la “Wiener Akademie”), suonando repertori che spaziano dalla musica antica e barocca alle prime esecuzioni assolute di musica contemporanea. E’ stato direttore del Nuovo Gruppo Italiano di Percussioni col quale ha realizzato numerosi concerti e incisioni con direttori quali Laslo Heltay, Thomas Dausgaard, Antonio Ballista, Sergio Balestracci e solisti e compositori quali Giovanni Bonato, Mario Brunello, Gert Mortensen, Ennio Morricone e Vladimir Mendelssohn. Nel 1995 fonda l’Art Percussion Ensemble composto da studenti del Conservatorio di Musica di Padova col quale si è presentato, oltre a Padova, in Festival internazionali a Copenhagen, Cracovia, Torino, Siena, Bologna e Udine. Dal 1991 al 2002 è stato docente e concertista ai Corsi Internazionali di perfezionamento per percussionisti di Portogruaro; in seguito alle ‘Vacanze Musicali’ di Sappada, ai Corsi di perfezionamento per fiati e percussioni di Spilimbergo e al Campus musicale di Udine e Bassano del Grappa. Come docente e strumentista ha svolto la sua attività all’Università di Salonicco, alle accademie di musica di Copenhagen, Cracovia, Riga, Brno, Valencia e Istanbul. Tra il 2012 e 2014 ha partecipato come docente al progetto europeo per percussioni ‘ASTAPER’ di Cracovia; nel 2015 è stato docente principale di percussioni al progetto ‘SMUG’ promosso dalla Regione Veneto per lo sviluppo della musica contemporanea tra i giovani musicisti lavorando su partiture di G. Grisey, E. Varèse, K. Stockhausen e Y. Xenakis e nel 2016 al Festival di Percussioni di Gdansk (PL). Ha collaborato con artisti di fama internazionale suonando tra gli altri con Marta Argerich, Raymond Gujot, Gert Mortensen, Astor Piazzolla, Ney Rosauro. Nel suo repertorio solistico vanta l’esecuzione e la registrazione di opere di Keiko Abe, John Beck, Klaus Peter Bruchmann, Stefano Bellon, Giovanni Bonato, Paul Creston, Gordon Jacob, Askell Masson, Minoru Miki, Alfred Reed, Yoshioka Takayoshi, Tsuneya Tanabe, Yannis Xenakis. Dal 1993 è docente di strumenti a percussione al Conservatorio di musica di Padova.

Fondato e diretto da Massimo Pastore, docente di percussioni al Conservatorio di Padova, l’Art Percussion Ensemble vanta una considerevole attività concertistica all’interno di vari Festival Internazionali in Italia e all’estero. Ha collaborato con solisti e direttori di fama internazionale quali Emmaneul Sejourné, Bernhard Wulff, Ney Rosauro, Martin Opršál e Makoto Nakura. L’ensemble è stato invitato dagli Amici della Musica di Padova per eseguire ‘Les Noces’ di Igor Stravinskj e i ‘Canti di Prigionia’ di Luigi Dalla Piccola. Nel panorama internazionale si è esibito alla Hochschule di Freiburg, all’Accademia Reale di Danimarca a Copenhagen e ai festival di Percussioni di Brno e Zagabria, presentando prime esecuzioni dei compositori italiani Stefano Bellon, Giovanni Bonato, Edoardo Gioachin; dal 2012 al 2014 il gruppo ha partecipato al progetto europeo Astaper svoltosi a Cracovia in Polonia in collaborazione con i gruppi di Cracovia, Valencia e Friburgo. Il gruppo, costituito integralmente di studenti, opera costantemente un rinnovamento dell’organico e del repertorio proponendo ogni anno dei nuovi progetti musicali; nell’ambito del progetto SMUG 2015 il gruppo è stato invitato nelle Rassegne di Ex-novo a Venezia e del Centro d’Arte a Padova per presentare opere di Luigi Nono, Gerard Grisey, Edgard Varése, Karlheinz Stockhausen e Iannis Xenakis. Nel 2011 è uscito il CD doppio “Light & Dark” in cui viene presentata una raccolta delle migliori registrazioni effettuate dal gruppo tra il 2004 e il 2010.

L’associazione Taverna Maderna, finalizzata all’organizzazione di attività musicali e culturali, si è costituita nel 2019 a Padova per l’iniziativa di un gruppo di giovani compositori, interpreti e musicologi padovani e veneti. Ha iniziato le sue attività nel corso della stagione musicale 2019/2020 evidenziando da subito la propria capacità di fare rete con le altre organizzazioni musicali e culturali cittadine attraverso una serie di progetti e collaborazioni. La prima stagione di musica da camera dell’associazione si è svolta sotto il patrocinio del Comune di Padova e ha previsto nove concerti con artisti padovani, veneti, italiani e internazionali in luoghi diversi tra loro quali teatri, chiese, librerie, locali e circoli culturali, in collaborazione con altre associazioni quali Circolo Nadir, Centro d’Arte degli Studenti dell’Università di Padova, Parco Prandina, Circolo Culturale Carichi Sospesi. Con il progetto BarTolomeo Taverna Maderna ha inaugurato una collaborazione con il Festival Cristofori e ha partecipato alla realizzazione di tre concerti notturni con musiche composte per l’occasione, mentre con il progetto In Touch ha avviato una serie di pubblicazioni di musica on-line per proseguire la propria attività artistica durante il periodo della pandemia Covid-19. Nell’estate 2021 l’associazione, oltre ad aver proseguito la propria attività concertistica intrecciando nuove collaborazioni con Yucca Fest e con gli Amici della Musica di Padova, ha organizzato il suo primo Festival a cui sono stati invitati numerosi artisti della scena italiana sperimentale.

Antonino Abate, Cor Infermo

[ITA] Cos’è l’amore a prima vista? Tutti sappiamo le atroci o belle conseguenze che ne derivano. Una persona che sperimenta improvvisamente tali emozioni si ritrova con il cuore e la mente fuori controllo, incapace di comprendere la situazione oggettivamente.

L’idea del pezzo nasce dal romanzo di Umberto Eco, Il Nome della Rosa. Lì, il povero Adso, monaco novizio, sperimenta per la prima volta l’amore. Un monaco novizio sa di aver promesso di essere devoto alla vita ecclesiastica alla castità. Eppure, la malefica tentazione dell’amore, nonché una condizione umana di esistenza, riesce ad avere la meglio.

Cuore e Ragione squarciano e lacerano l’esistenza del povero Adso. Nella biblioteca dell’Abbazia trova Speculum Amoris, scritto da Fra Massimo di Bologna. Lì, legge che il suo tormento è descritto come una malattia, dove l’unico conforto è dato dalla scoperta che altri uomini, precedenti a lui, avevano già sperimentato i sintomi dell’amore. Adso capisce che il suo cuore è infermo, il respiro e i battiti del cuore sono diventati irregolari e teme di perdere la testa.

Cor Infermo è un concertino per marimba e vibrafono. Le percussioni sono principalmente attivate con sfregamento o lasciate vibrare in libera risonanza. I due modi sono in scontro l’uno con l’altro, anche se risultano come due facce di una stessa condizione. Infatti, fungono come metafore per la ragione e il cuore che tanto lacerano il povero essere di Adso. Nel pezzo, l’amore a volte è sognante e amoroso, altre volte irregolare e pulsante, fino a quando ogni controllo è perso e lo spazio si riempe solamente di risonanze.

[EN] What is love at first sight? Everybody knows the atrocious or beautiful consequences that come with it. A person who suddenly experiences such emotions will find themselves with a heart and mind out of their control, unable to understand the situation objectively.

The idea for this piece comes from Umberto Eco’s In the Name of The Rose where the poor Adso, a novice monk, experiences love for the first time. A novice monk knows very well he must be committed to chastity, without any compromise. Yet, he is unable to resist the evil temptation, nonetheless a human condition.

He is suddenly torn apart by the abrasion between reason and heart. In Speculum Amoris, the book he finds at the library of the Abbacy written by Fra Massimo di Bologna, he discovers his torment is described as a disease, where the only comfort is given by the discovery that other previous men had experienced the symptoms of love. Adso understands his heart and his whole being are infirmus, his breathing and heartbeats have become irregular and he fears losing his mind.

Cor Infermo is a concertino for marimba and vibraphone. In Cor Infermo, the two realms of friction and resonance are explored in percussion, fighting for supremacy but then resulting as two faces of one condition. They act as a metaphor for reason and heart, who turn apart the poor Adso’s being, or anyone in his condition. Love comes sometimes as dreamy sections, as irregular heartbeats until any control is lost and the space is filled with only resonances. 

Daniele Di Virgilio, Undesired Ritual

[ITA] Il brano è ispirato alla catastrofe del cambiamento climatico, all’idea che siamo tutti vittime di noi stessi, irrimediabilmente. La prima e l’ultima sezione del brano dipingono una natura sana, pacificamente sempre brulicante, ciò che avremmo dovuto conservare. Nella parte centrale la narrazione si sposta sull’uomo, un rituale ispirato all’antichità in cui viene scelta una vittima sacrificale (uno di noi, tu), senza peccato, uccisa al termine di una danza selvaggia. Non per religione, come accadeva ancestralmente, perché Dio (per noi) è morto.   

[EN] This piece was inspired by the catastrophe of climate change, and by the idea that we all are victims of ourselves, hopelessly. The first and last section of the piece portray a healthy nature, peacefully swarming: what we should have preserved. In the middle section, the narration concentrates itself on man, on a ritual inspired by ancient times. A sinless sacrificial victim is chosen (one of us, you) and killed at the end of a savage dance: not for religion, as it was ancestrally, because God (for us) is dead.

Dario Michelon, Aria

[ITA] Aria: la respiri fino ad abituartici, fino a non pensarci, fino a non renderti conto che è pesante, malata. La senti solo quando cambia, se è sempre la stessa non c’è più.

Per chi vive in pianura una buona boccata d’aria è IL motivo per salire in montagna, un prezioso ricordo da conservare per i giorni da passare in città. Prendi la macchina, sali di quota e attraversi paesaggi, ti fermi, apri la bocca e respiri. La fai tua, e lei fa suoi i tuoi polmoni. 

Quel momento è Aria.

[EN] Air: you breathe it until you get used to it, until you don’t think about it anymore, until you don’t realize it’s heavy, sick. You feel her only when she changes; if she’s the same she’s not there anymore. For those who live in the plains, good fresh air is the reason to go up to the mountains: a precious memory to keep for the city days. 

You get your car, go uphill, go through different landscapes: you stop, switch off your mind, breathe. You make her yours and she makes hers your lungs.

That moment is Aria.

Zygmund de Somogyi, The refractions we used to know

[ITA] The refractions we used to know è un’ode alle relazioni fugaci che instauriamo quando siamo in viaggio: le relazioni in cui dopo solo 72 ore ci sembra di conoscere qualcuno da anni; le relazioni in cui la distanza e la geografia poco contano di fronte all’intensità della condivisione; le relazioni in cui, magari solo per un momento, possiamo percepire una costellazione di anime affini, finché non sorge l’alba e ci si separa. Un senso di legame cacciato via dalla vita normale, con il suo eccesso di segno contrario…

[EN] The refractions we used to know is an ode to the fleeting connections we make when travelling: the connections where 72 hours make you feel like you’ve known someone for years; the connections where distance and geography are secondary to shared hearts; the connections where, even just for a moment, you can feel like a constellation of soulmates, until the dawn rises and you separate, a kinship chased away in the anti-excess of normal life…

Molly Frances Arnuk, East Coast Rain

[ITA] East Coast Rain è un’interpretazione musicale dei temporali estivi a New York e della loro imprevedibilità. Nell’arco di pochi secondi la nebbia si trasforma in un acquazzone, e dal niente prorompono i tuoni. Durante alcuni giorni di temporale, all’inizio di agosto, ho registrato i cambiamenti meteorologici. Questo pezzo è modellato sui risultati di questa osservazione – i suoi cambiamenti dinamici sono proporzionali al tempo che le precipitazioni impiegano per intensificarsi e scemare. 

Nonostante la loro imprevedibilità, c’è un senso di pace in queste burrasche che attutiscono i suoni del mondo circostante. East Coast Rain è una meditazione sull’intensità della natura.

[EN] East Coast Rain is a musical interpretation of storms in the summer in New York and their unpredictability. Mist becomes a downpour in seconds, and thunder rolls out of nowhere. Over a few stormy days in early august, I recorded the changes in the weather. This piece is modeled off the results – its dynamic changes are proportionate to the average times it takes for rainfall to intensify and ease. 

Despite the unpredictability, there is a sense of peace in these storms muffling the sounds of the surrounding world. East Coast Rain is a meditation on nature’s intensity.

Giordano De Nisi, Ritual

[ITA] In Ritual emerge il lato più ancestrale delle percussioni: mutevoli pulsazioni puramente ritmiche evolvono in formule, che a loro volta si intersecano originando un tessuto omogeneo e dinamico. L’intera composizione è permeata da forme diverse di energia, di varia intensità, complessità e struttura. 

[ENG] In Ritual the most ancestral aspect of percussion emerges: purely rhythmic changeable pulsations evolve in formulas that intersect, creating an homogeneous and dynamic texture. The whole composition is permeated by different shapes of energy, of various intensity, complexity and structure.

Jeremy Rosenstock, 20 stones, after Bergson 

[ITA] Nel suo saggio L’evoluzione creatrice, Henri Bergson sostiene che le persone percepiscano le proprie vite come qualcosa che passa “da uno stato all’altro”, anziché notare il “cambiamento ininterrotto” che riempie ogni stato, un cambiamento che diviene percettibile solo “quando diventa sufficiente a imprimere una nuova attitudine al corpo”. Questo cambiamento ininterrotto e continuo è una sensazione che viene attribuita alla “durata”, intesa come “il procedere costante del passato che erode il futuro e cresce man mano che avanza”. 

In 20 stones, after Bergson, alcune pietre vengono gradualmente spostate dalla pelle di un tamburo a quella di un altro. Le membrane di questi tamburi vengono sollecitate, facendo in modo che le pietre rimbalzino e vibrino insieme alla membrana. Di volta in volta, mentre il suono dei tamburi cambia grazie all’aggiunta o alla rimozione delle pietre, si produce una serie di stati, che però nel loro avvicendarsi si fondono in un unico flusso, un movimento ritmico e timbrico costante.

[EN] In his essay Creative Evolution, Henri Bergson argues that people perceived their lives as passing “from state to state,” instead of noticing the “uninterrupted change” that fills each state, a change that only becomes noticeable “when it becomes sufficient to impress a new attitude on the body.” This uninterrupted, ongoing change was a sensation he ascribed to “duration,” defined as “the continuous progress of the past which gnaws into the future and which swells as it advances.” 

In 20 stones, after Bergson, stones are gradually moved from one large drum to another. The membranes of these drums are excited, allowing the stones to bounce and vibrate with the drumhead. In turn, a series of states are produced, as the drums change with the addition or subtraction of stones. Through this series, any and all perceived states melt into flux, a constant movement of rhythm and timbre. 

Yui Ka Zheng, Kau Nga Ling

[ITA] Kau Nga Ling (la Catena Occidentale) è la catena montuosa che si estende a sud della cima Lantau, a Hong Kong. La maggior parte dei pendii è così ripida da richiedere, per la salita, uno sforzo sfiancante. La compositrice ha preso ispirazione dalla forma delle montagne per dar vita alla linea melodica dello xilofono, che sale e scende, e ha rappresentato in questo brano i propri sentimenti contrastanti: la paura dell’altezza, la stanchezza per la lunga camminata, la commozione profonda per il panorama.

[EN] Kau Nga Ling (West Ridge) is the southern hill range from Lantau Peak, Hong Kong. Most of the slopes are very steep, requiring one to clamber up strenuously. Inspired by the shape of the mountain, I have appointed the ‘up and down’ phrase to the Xylophone. The piece is about my mixed feelings as the composer: scared of heights, tired because of climbing, deeply affected by the view.

 

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